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Sarebbe ingannevolmente semplice definire il romanzo una storia d'amore, l'epifania di un incontro inevitabilmente destinato a cambiare le vite dei due protagonisti. Perché è anche una storia di scoperta, di accettazione di sé. C'è nella narrativa di Claudio Minoia una tale carica di fiducia nella vita da costituire già di per sé - in tempi di afflizione e di apocalissi proclamate - una notevole peculiarità di tratto. Francisca è una pittrice che ha paura di credere nell'amore. Maschera la propria insicurezza con piglio sbarazzino e un pizzico di spregiudicatezza. Gerard è un viticoltore intraprendente e sicuro di sé. L'incontro è galeotto per entrambi, sposi a tempo di record, si stabiliscono in Aquitania nella tenuta di famiglia di lui. Le loro anime devono imparare a conoscersi, a lasciarsi andare con la parte più intima di sé prima ancora che con il compagno. Un percorso che si dipana attraverso un'analisi introspettiva attenta e garbata. Intanto, mentre alla tenuta si organizza la vendemmia, un personaggio reale e surreale al contempo irrompe nella trama e ci conduce verso un finale degno dei più classici film hollywoodiani.